Quel vecchio Portello (1906-1986)
un perduto giacimento culturale
Portello 1986, 80 anni di storia dimenticati, spazzati via e finiti nelle discariche.
Entrai la prima volta al Portello nei primi anni ’70 accompagnato da Lamberto Morini, antiquario e grande appassionato alfista, tra i fondatori a Roma nel 1962, con Francesco Santovetti e Giorgio Franchetti, del Registro Italiano Alfa Romeo (RIAR); Lamberto, allora proprietario di tre magnifiche Alfa 6C 2500 SS, è stato un caro e indimenticato amico che, insieme a Giorgio Franchetti, mi introdussero in un mondo affascinante di uomini colti e geniali, di meccaniche potenti e di grandi passioni. Quel giorno entrammo in Alfa dal cancello di via Gattamelata e l’Ortensia, storica segretaria DIPRE (Direzione Pubbliche Relazioni) con l’immancabile Muratti in bocca, ci introdusse da Camillo Marchetti. Era il mitico Direttore Relazioni Esterne, scomparso di recente e con cui fui amico per oltre 40 anni; lì incontrammo il suo collaboratore Angelo Bordoni, primo segretario del Registro Alfa Romeo dal 1968, scrittore e filosofo, cui successe pochi anni dopo, per la sua prematura scomparsa, un’altra nobile e capace persona, il barone Raimondo Corsi di Turri, uomo poliglotta raffinato ed elegante. Marchetti ci portò dall’allora Presidente Luraghi per un saluto. Restai abbagliato da questi personaggi, veri signori vecchio stampo, e da quegli ambienti pieni di foto, quadri e vecchi posters, numerosi trofei ed enormi coppe d’argento; in quei corridoi dove un tempo si erano aggirati Merosi e Romeo, e poi Ferrari, Jano, Campari e Ascari, Nuvolari e Varzi, Farina e Fangio ed era nata quella che è stata finora una storia esaltante che tanto lustro ha dato al nostro paese. Mi sembrava di percepirne gli spiriti esuberanti ed il loro divertito compiacimento. Un tempo lavorare in Alfa era un onore ed un privilegio che rendeva orgoglioso ogni dipendente, persino quel “pistola di Amedeo che correva sul Lago d’Iseo guidando una rossa Alfa Romeo”, come recitava un vecchio adagio milanese.
Ma torniamo a noi. L’Alfa si era da poco trasferita nei nuovi stabilimenti di Arese, su terreni acquistati nel 1959, ma al Portello, ormai in pieno centro città, in via Gattamelata, parallela di Corso Sempione, c’erano ancora vari uffici amministrativi. Erano la Segreteria Generale (SEGEN), le Relazioni Pubbliche (DIPRE, SECEN REPU), l’Ufficio Stampa, la Progettazione ed Esperienze (ESPE), il Centro Stile e, a livello strada ovviamente, l’Ufficio Vendite. In fondo a un viale interno, quello appunto degli uffici amministrativi, c’era un grande magazzino ove un anziano disegnatore (nel ’32 realizzò la 8C 2300 Monza), ormai in pensione da tempo, il Cav. Luigi Fusi, aiutato dall’ex collaudatore Zanardi, mitico copilota di Nuvolari e Fangio, stava iniziando a sistemare e restaurare alcune vetture storiche e l’archivio di quello che poi sarebbe diventato il futuro Museo, inaugurato ad Arese nel 1976, opera allora modernissima dell’Architetto Gardella. Un appassionato non può neppure immaginare la sensazione di stupore e intima gioia che provai a varcare quella porta; l’interno era una vera fucina di vecchi meccanismi. Auto complete e non, scaffali pieni di ricambi di ogni epoca, motori, auto da corsa polverose, quelle stesse che un tempo avevano raccolto i successi e l’entusiasmo di ogni italiano, quelle che avevano costruito la leggenda dell’Alfa, e poi motori di aereo, alcuni telai appoggiati alle pareti, bidoni traboccanti di rotoli di disegni in carta, foto e ancora disegni appesi ai muri insieme a qualche vecchio radiatore; per me insomma la grotta di Alì Babà.
Nei vari viali dello stabilimento, in via di abbandono, ognuno con il nome dei reparti che su di essi si affacciavano (vedi foto), si aggiravano ancora operai in biciclette marcate Alfa Romeo, carrelli arrugginiti, fumi e odori d’officina ma comunque rumori di un’operosità decrescente. Di quei tempi e di quei attenti lavori sulle vecchie Alfa che lì erano nate e allora si stavano recuperando e rimettendo più o meno a posto oggi non esiste più nulla. Luigi Fusi, “el Gigi”, le stava restaurando e sistemando senza sosta con la collaborazione di vecchi meccanici eccezionali, quelli della vecchia scuola, quelli che, come diceva Enzo Ferrari, “sapevano fare i guanti alle mosche”, come Canzi, Pagetti, Zanardi, Delle Donne, Sala, e un ex collaudatore, il Bonini con il suo discepolo Monti; di loro purtroppo oggi sono rimasti solo i ricordi di quei pochi che li hanno conosciuti, io incluso. Erano tutti personaggi in pensione ma mitici già allora, non solo per noi appassionati ma per gli stessi loro colleghi più giovani. In fondo avevano lavorato vicino ai grandi progettisti e corso fianco a fianco con piloti leggendari o magari erano piloti loro stessi. Fusi nel suo ufficio, ricco di memorie, compilava costantemente vari faldoni ricchi invece di storie, corrispondenze, disegni, fotografie, fatture, provenienza di auto e ricambi, tutti documenti affascinanti e straordinari che allora mostrava con orgoglio ma che oggi potrebbero regalare alla storia le vicende e gli uomini che hanno costruito il museo Alfa Romeo di Arese e collaborato al suo divenire. Sarebbe molto interessante “riesumarli” dal Centro Documentazione, dove ricordo erano ben conservati, per arricchire ulteriormente non solo la storia dell’Alfa ma del suo stesso museo e dei relativi contenuti sistemati e rivalutati nella gestione di questi ultimi anni, dopo un periodo di una certa incuria, grazie a una rinnovata amministrazione, più attenta e meglio dedicata, espressamente creata nell’ambito del restauro generale dell’intera area museale voluto dall’allora CEO FCA Sergio Marchionne in occasione del Centenario della Casa.
Al Portello nei primi anni ‘70 si producevano ancora motori o parti meccaniche della Giulia, ma ormai quasi tutta la produzione si era trasferita nei nuovissimi stabilimenti di Arese. Pensate, dentro un capannone c’erano ancora alcune vetture 2600 6 cilindri nuove e invendute, berlina e coupè, quasi tutte blu. L’Alfa abbandonò definitivamente il vecchio, leggendario Portello nel 1986 e ne mise le catene ai cancelli. Ma al suo interno, fino all’abbattimento totale dei vari capannoni avvenuto nel 2004, erano stati impietosamente abbandonati macchinari di ogni tipo, da comuni attrezzi alle presse e ai torni, numerosi prototipi di vetture mai prodotte, decine di manichini e modelli di auto, in legno e in lamiera, macchinari, motori, ruote, casse piene di trofei sportivi, documenti di ogni genere, cartelle stampa, materiale promozionale e pubblicitario, disegni di vetture o parti di esse, una marea di rotoli con progetti di ogni tipo, persino di impianti di riscaldamento e prodotti militari; tutti lì, buttati in terra, calpestati o ricoperti di lordure di ogni genere.
In un magazzino a parte c’erano vari banchi prova motori e persino molto materiale sportivo anche della dismessa Autodelta scaricato e lì sistemato in tempi successivi; era incredibile vedere diverse vetture da corsa più o meno complete, parti di esse, scocche di F1 appoggiate ai muri, motori di auto e di aerei, alcuni mai entrati in produzione, … insomma un enorme e prezioso giacimento culturale, patrimonio storico e industriale di una grande azienda milanese ma anche vero paradiso culturale per ogni appassionato del marchio.
C’era tanto di quel materiale da farci due musei enormi! Stiamo in fondo parlando “soltanto” di ottanta anni di storia e di gloria italiana fatta di industria e di genialità. Ma purtroppo quei pezzi di storia finirono tutti in gran parte rottamati o avviati, come normali macerie, nelle varie discariche della Regione o nelle fonderie della vicina Dalmine. E con essi tanti ricordi definitivamente abbattuti e seppelliti brutalmente dalle ruspe impietose. Meno la gran parte del materiale proveniente dall’Autodelta, ex reparto corse Alfa Romeo già a Settimo Milanese e chiuso nel 1984, che, raggruppato, come accennato, in un magazzino a parte, fu poi alienato separatamente e per fortuna ceduto ad appassionati e commercianti locali che si erano fatti avanti mentre buona parte del relativo materiale documentale fu direttamente trasferito al nuovo Centro Documentazione di Arese.
Oltre alle visite notturne, ma anche giornaliere, di numerosi “fumatori” di erbe orientali e “prelevatori” di metalli e di ricordi, tra cui molti barboni che lo elessero a loro domicilio e a loro fonte di business, furono per fortuna proprio alcuni appassionati del marchio a recuperare ancora qualcosa di quel materiale e a promuovere varie ma inutili campagne, persino con il supporto forte ed esuberante del critico d’arte Vittorio Sgarbi, verso il Comune di Milano e la Sovrintendenza alle Belle Arti, tutti assolutamente latitanti, per cercare di salvare quel pezzo importante di storia industriale e sportiva tutta italiana fatto di eccellenza e di orgoglio. Ricordo che Sgarbi si incatenò addirittura alla porta carraia di via Gattamelata.
Da possessore di vecchie Alfa, per allora poi neppure troppo vecchie, nel 1975 mi iscrissi ovviamente al club ufficiale della Casa, il Registro Italiano Alfa Romeo (RIAR) insieme a Luigi Chinetti (già pilota Alfa Romeo, vincitore a Le Mans nel ’32 con Nuvolari, importatore Ferrari in USA e fondatore della NART, North American Racing Team) divenendone prima Consigliere, poi Vice Presidente ed infine Presidente, dal 1983 al 2017. Conobbi bene Gaetano Cortesi, Presidente dal 1974 al 1978. Ma io ero molto in amicizia e mi vedevo spesso con Ettore Massacesi, mio vicino di casa a Roma e Presidente Alfa dal 1978 al 1986. Massacesi era stato in precedenza Presidente dell’Intersind, società del Gruppo IRI (Istituto Ricostruzione Industriale) del Ministero delle Partecipazioni Statali, che con la holding Finmeccanica era azionista dell’Alfa dal 1933.
Insieme ai compianti Gigi Bonfanti e Maurizio Tabucchi, allora Consiglieri RIAR, ci facemmo autorizzare dalla Presidenza Alfa per entrare ripetutamente in quei capannoni al Portello e cercare di prelevare quanto poteva essere recuperato e comunque di un certo interesse visto che l’azienda aveva deciso di abbandonare e rottamare quasi tutto. Eravamo accompagnati dal grande collaudatore in pensione Bruno Bonini (ai tempi consulente Alfa per decisione della Presidenza su consiglio del dr. Marchetti), da Maurizio Monti, suo assistente e meccanico del Museo, o da Domenico Magro, detto “Mimmo” da amici e colleghi. Mimmo Magro fu per un lungo periodo responsabile del Museo e organizzatore con la signora Elvira Ruocco di quello che divenne il Centro Documentazione di Arese di cui la stessa fu responsabile per molti anni. Il Centro Documentazione fu inizialmente improntato e diretto per alcuni anni con il coordinamento colto e raffinato di Gonzalo Alvarez Garcia, amico dell’allora Presidente Alfa Romeo Luraghi e brillante filosofo, saggista e scrittore, amico-nemico di Leonardo Sciascia, nonchè fumatore instancabile di tremendi sigari puzzolenti.
Milano, 1986. I capannoni del Portello com’erano. Un capannone vuoto e una delle molte sale Prova Motori.
Il Reparto Esperienze (ESPE), notare la mole di preziosi documenti gettati in terra e alcuni manichini di auto, in legno e lamiera.
Consapevoli del danno storico che tanto materiale prezioso venisse disperso e rottamato come cartaccia o ferro vecchio, ci recammo con l’amico Gigi Bonfanti dal Presidente Massacesi, che già ci aveva autorizzato a prelevare tutto quello che ritenevamo di nostro interesse, e, come RIAR, ci offrimmo di acquistare alcune vetture e parti di esse nonchè vari motori e materiale non di interesse del Museo che avremmo successivamente proposto ai soci e a tutti gli appassionati. Si era rimasti d’accordo con la Presidenza che l’Alfa avrebbe utilizzato il ricavato per il restauro di un paio di vetture del museo. Furono persino pubblicati elenchi e prezzi su alcune riviste di settore dell’epoca. L’urgenza dello sgombero impose rapidi contatti con vari interessati acquirenti ma un buon accordo fu raggiunto con il noto collezionista Mario Righini di Modena che si impegnò a rilevare tutto il materiale assegnato al RIAR per poi cederlo a sua volta ad eventuali appassionati con una leggera e convenuta maggiorazione riconoscendo al RIAR un adeguato sostegno. Cosa che avvenne senza problemi. Molto altro materiale del Portello, penso recuperato dai numerosi operai e da improvvisati “spazzini”, era già finito sulle bancarelle di vari mercati, inizialmente ai Navigli di Milano, e, successivamente, in forma anonima, anche in varie aste internazionali di automobilia; di recente invece (2014 e successivi), e dopo così tanti anni, sono apparsi in vendita vicino Milano addirittura alcuni manichini in legno della 164 e due prototipi, peraltro bruttini; proprio qualcuno di quelli qui fotografati. E ancora, in tempi attuali, la casa d’aste via internet Catawiki pone costantemente in vendita alcune cianografiche con vari disegni importanti relativi a numerose vetture Alfa anteguerra (8C 2900, 6C 2500 Spider Corsa, ecc.) e successive provenienti dallo “scomparso e rimpianto stabilimento” (sic) del Portello, come testualmente riferisce e dichiara un venditore svizzero. Almeno, per fortuna, ci furono anche altri, ovviamente “non autorizzati”, a prelevare e salvare buona parte di quanto stranamente era sfuggito alla discarica o ai saccheggi di ogni tipo di visitatori. Materiale in parte che oggi, proveniente anche da vecchi collezionisti, o dagli eredi dopo la loro “dipartita”, nonchè da concessionari Alfa Romeo dismessi, compare in vendita con sempre maggior frequenza in ogni parte del mondo.
Negli uffici di Arese riempimmo vari armadi metallici di cartelle stampa, vecchi depliants, disegni, documenti di ogni genere, anche anteguerra, recuperati persino da vari cassoni già pronti per le discariche. Ne distribuimmo buona parte a molti appassionati, italiani e stranieri, altri furono portati dal Bonini con il nostro aiuto allo stesso Archivio di Arese, se non ne aveva di uguali, con la supervisione della Signora Ruocco, allora Responsabile dell’Archivio e Centro Documentazione, per essere puliti e catalogati. Cosa che avvenne e fu da lei gestita per anni. Bruno Bonini, ex valente collaudatore, fedelissimo dell’Alfa, il cui padre Pietro fu meccanico del grande pilota tedesco Rudolph Caracciola, era il nostro “tutor”, ci indicava dove cercare e ci aiutò tantissimo. Fino a una decina di anni fa buona parte di questo materiale documentale, salvato con passione e fatica, era ancora custodito nei tipici e grigi armadi metallici dell’archivio RIAR e in quelli degli uffici dei “padroni di casa” della ex Direzione Museo e penso, o almeno mi auguro, lo sia tuttora insieme ai mitici faldoni del Fusi. Molto altro, grazie anche alla poderosa produzione Alfa Romeo di oggetti promozionali, fotografie, materiale cartaceo ed illustrativo, è finito nei mercati di mezzo mondo insieme anche a quanto recuperato dalle numerose filiali e concessionarie Alfa Romeo che via via chiudevano tristemente i battenti; in Europa e in ogni continente, dall’Africa alle Americhe.
Bruno Bonini ed Elvira Ruocco negli uffici del Centro Documentazione di Arese vari anni prima del loro restauro.
Cosa che è parimenti avvenuta, in tempi assai più recenti, tra il 2009 e il 2013, con lo smantellamento degli stabilimenti di Arese e del contiguo Centro Stile Alfa Romeo per la costruzione di un immenso modernissimo centro commerciale e relativi servizi, chiamato appunto il “Centro”, del Gruppo Iper. Un appassionato Direttore del Museo e Centro Documentazione AR di circa 20 anni fa, pur di salvare qualcosa, fece persino confezionare dentro astucci di plastica alcuni ciottoli in porfido della pista sperimentale di Arese in via di demolizione che donò a molti appassionati del marchio in ricordo di una leggendaria Casa automobilistica e di una bella storia di uomini e motori.
Stand ricolmi di automobilia in alcune fiere/mercato in Italia e in Francia.
Una interessante ed elegante pubblicazione di Davide De Bertolis, “Alfa Romeo …. dei nostri sogni”, raccoglie numerose immagini, struggenti ed impietose, di quel Portello del 1999. E’ una lettura, o meglio una visione, che ogni vero appassionato alfista dovrebbe avere con sé a testimonianza di come sempre la miopia, l’ignoranza e l’indifferenza annientino molte tracce di storia ed elementi di cultura preziosi per il futuro e per la conoscenza. Quello Alfa Romeo è stato uno dei marchi più prestigiosi del mondo reso tale da maestranze e personaggi entrati nella leggenda, come la loro “base operativa”, il vecchio Portello, e forse allora avrebbe meritato maggior considerazione da parte della pubblica amministrazione. Pensando poi che oggi quel marchio è addirittura passato in mani non più italiane…
Stefano d’Amico
Le immagini utilizzate nel presente articolo sono a scopo illustrativo e appartengono ai rispettivi proprietari. Le fotografie del vecchio Portello sono in parte tratte dal libro “Alfa Romeo … dei nostri sogni” di Davide De Bertolis per Edizioni Lineagraf Italia srl, Milano, 2001.