Auto mobile = autonomia + libertà
L’Ottocento è stato il secolo della vaporiera e della bicicletta, della redingote e del formalismo; nel Novecento arrivano il progresso e il futurismo con un nuovo mezzo auto mobile che, una volta indossati occhialoni e spolverino, ispira autonomia, indipendenza e libertà. Dalle lente carrozze e diligenze si è passati infatti alla vaporiera, ma essa è ugualmente rigida e persino prigioniera dei binari, la bicicletta invece è lenta, scomoda e limitata dalla fatica. Il futuro sarà dell’auto mobile. Almeno per i prossimi 200 anni.
E Ada Negri, poetessa e scrittrice a cavallo dei due secoli nonché prima ed unica donna ad essere ammessa all’Accademia d’Italia, così scrive sul Secolo XX a fine anni ‘10: “… fra i piaceri moderni non ve ne è uno che sorpassi o uguagli quello di un viaggio in automobile. Nel veicolo nostro, obbediente a noi soltanto, che ci conduce soltanto dove il nostro capriccio vuole, il bisogno di libertà che è in noi diviene certezza di libertà, senso di plenitudine, di evasione, di possesso dello spazio e del tempo, che trascende il limite umano.”
Questo nuovo mezzo auto mobile, sempre più affidabile e potente, fa apparire ogni altro mezzo vecchio, superato e forse anche un po’ “comunista”, nel senso che prima si viaggiava insieme ad altri, conoscenti o illustri sconosciuti, ora invece sei da solo o con chi pare a te. Un altro mezzo, giunto in contemporanea con l’auto, è anche lui in grado di offrire evasione, libertà ma soprattutto velocità ed esclusività, l’aeroplano. L’auto vincerà le sfide con il treno ma le perderà con l’aeroplano mentre il progresso, che corre sempre più veloce di loro e ne diffonde l’utilizzo, riporterà questi mezzi all’uso “comunista” di un tempo.
E dal desiderio di sempre maggior “rapidità” nascono appunto le grandi sfide sin dalla fine dell’800 su terra (varie corse), mare (Nastro Azzurro) e cielo (Coppa Schneider). Le grandi corse, quelle sulle strade e la passione condivisa che le anima, trasformano la storia dell’auto in una vera e propria epopea che resterà viva e socialmente condivisa fino agli anni ‘70. La prima gara automobilistica si svolge in Francia nel 1894, la Parigi-Rouen. 12 anni dopo, nel 1906, in Italia, si corre la prima Targa Florio e nel 1927 la Mille Miglia; competizioni di massa destinate a divenire due eventi sportivi straordinari che attireranno attenzione ed emozione da ogni parte del mondo addirittura fino ai nostri tempi; vi partecipano le case ufficiali e i piloti più famosi ma anche semplici gentleman appassionati e stregati dal brivido della velocità o di una effimera fama ma anche dagli aspetti mondani e sociali che tali eventi rappresentano per il solo fatto di avervi partecipato.
Il progresso e la velocità chiedono però sacrifici e vittime “che non devono arrestare la marcia dei superstiti” come scrive lo “Sport Fascista” nel 1933, anno infausto che vede la morte di Borzacchini, Campari, D’Ippolito e Toselli seguite anni prima a quelle di Arcangeli, Ascari, Sivocci, Masetti, Brilli Peri, Bordino, Benini e tanti altri eroi gloriosi di una Italia veloce, gagliarda ed impavida. Dei grandi solo Nuvolari, beffato dalla impietosa “mietitrice”, morirà sofferente e rassegnato nel suo letto nel 1953.
Enzo Ferrari nel suo libro “Le mie gioie terribili” del 1962 racconta che lui ama “sentire la macchina e non condurla solo per farsi trasportare, ma per provare delle sensazioni con il bisogno ed il piacere di avvertirne ogni reazione e sentirsi unito a lei come una sol cosa”.
Ed infatti la nostra automobile non è soltanto un’arma da guerra per le corse di alcuni valorosi che si cimentano per loro passione o per una bandiera; essa è anche mezzo di lavoro, di autonomia, di libertà e spesso romantica alcova d’amore semovente con cui raggiungere luoghi ombrosi ed appartati. Compagna di viaggio e di avventure come di lavoro e di trasporto acquistando via via sempre maggiore affidabilità unita a tecnologie sempre più avanzate e raffinate fino a giungere ai nostri giorni che stanno probabilmente e lentamente concludendo il ciclo dell’automobile divenuta un anonimo mezzo dilagante, non più esclusivo ma assai inquinante.
Stefano d’Amico
In copertina: Umberto Boccioni, Automobile rossa (1904)
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