Cerda. Solo 95 anni fa…
Siamo nella Sicilia degli anni ’20; in una terra che aveva vissuto lontanissimi splendori ma ancora assai distante dai tempi nuovi, annunciati nell’Esposizione Universale di Parigi del 1900, tempi che il mondo tutto stava affrontando con rinnovato vigore pur dopo una guerra mondiale, peraltro lunga e terribile. Una terra che aveva comunque dato i natali a personaggi che eccelsero in molteplici campi dall’arte alla cultura, dalla letteratura alla fisica. Tra i pochi industriali c’erano i Florio di Palermo e Vincenzo, ultimo loro diretto discendente, contribuì non poco a farne ricordare il casato e a riaccendere nel mondo l’interesse per la sua regione cercando di scuoterla dal suo antico torpore. Era un personaggio veramente straordinario dalla cui mente fervida nacquero, oltre alla Targa, decine di iniziative, tutte coronate da successo, tese a promuovere l’immagine e lo sviluppo della Sicilia particolarmente nel settore sociale e turistico. La strada che era già stata aperta da tempo dalla sua facoltosa famiglia, e ultimamente dal fratello Ignazio, marito di Donna Franca, soliti ad avere loro ospiti i monarchi e i banchieri d’Europa, agevolò non poco anche la curiosità e l’interesse del mondo tutto verso quella mitica isola già ricca di suo per storie e leggende oltre che per la mondanità effervescente di Franca e le avventure sentimentali di Ignazio, entrambi sempre sulle pagine rosa di ogni rotocalco.

Lucie Henry Florio, seconda moglie di Vincenzo, con abiti realizzati per lei da Sonia Delaunay.
Palermo, infatti, già da mesi prima della Targa, si animava di luci e di vanità per i numerosi eventi che si sarebbero svolti in città: concorsi ippici internazionali, gare nautiche e motociclistiche, concorsi di eleganza, sfilate per le vie cittadine di auto sontuose addobbate di fiori, importanti spettacoli teatrali, balli esclusivi nelle dimore più prestigiose, … eventi che portavano ospiti illustri e molteplici interessi; iniziative di cui i Florio ne erano non solo gli animatori più accesi, ammirati ed onnipresenti, ma anche i protagonisti indiscussi.




La Targa fu il capolavoro di Vincenzo ove seppe abbinare con gusto e maestria l’eleganza allo sport, la mondanità alla passione; una manifestazione questa, come la Mille Miglia, tuttora vive nel cuore della gente e di ogni appassionato di motori anche se nelle loro attuali rievocazioni storiche hanno perso lo spirito e la classe dei fondatori. Fu una manifestazione nata bene, fin dal 1906, che coinvolgeva non solo l’intero paese ma anche le sue più alte Istituzioni. Quelle del 1929 e del 1930 furono però due Targa Florio un po’ diverse, rese memorabili per l’accanimento dei media, per le rivalità dei partecipanti, delle proprie bandiere e soprattutto per la fibrillazione dei tifosi. Anche queste due edizioni richiamarono in Sicilia, come sempre peraltro, migliaia di persone assiepate lungo l’impervio percorso e nel settore mondano e brillante di Floriopoli, meglio noto come le Tribune di Cerda, la zona dei vip o comunque delle persone più facoltose ed in vista del tempo. Una zona esclusiva ed elegante dove nei giorni della gara venivano sfoggiate le ultime mode di Parigi e si consumavano pasti raffinati preparati dai migliori chef di Palermo fra coppe di champagne e vini di Casa Florio. Guardando le scolorite immagini di quegli anni ruggenti, fatti di motori e di vanità, par quasi di sentire un lontano profumo dei sigari di gran marca emanato da eleganti gentiluomini in ghette tra le fragranze francesi più in voga di donne belle e fluttuanti, con gonne corte e capelli a caschetto mossi dal vento antico delle Madonie, il tutto nel frastuono di auto rombanti e vaghi vapori di benzina.


Quella del ’29 fu ancora una gara sfortunata per le nostre vetture e i nostri pur valenti piloti, la quinta di una infausta serie di vittorie francesi. Si sentivano comunque nell’aria un’emozione ed un fervore quasi religiosi in trepida attesa di un agognato miracolo. Fin dall’alba i treni speciali avevano riversato su Cerda una moltitudine incredibile di gente smaniosa di applaudire finalmente le rosse italiane e la bandiera reale. L’alfiere dell’Alfa, l’erculeo Campari, accusava però forti giramenti di testa, e la nuova vettura sei cilindri di 1750 cc, vittoriosa alla Mille Miglia, sembrava non riuscire a tenere il ritmo delle Bugatti 2000 otto cilindri di Divo e Minoia (“Non potevo andare assolutamente; la testa mi picchiava e mi sembrava ad ogni svolta di girare su me stesso” sic Campari intervistato da Bradley) e anche Brilli Peri, Varzi, Ernesto Maserati e molti altri sembravano in difficoltà, per lo più meccaniche. E comunque le Bugatti di Divo e Minoia filavano come treni. Al quinto ed ultimo giro gli altoparlanti ma soprattutto il vociare contrariato della folla annunciarono, ancora una volta, il vantaggio dei poco amati “francesi”, mai citati per nome o per marca dai nostri! Semplicemente: i francesi. Mentre lontano tra i monti, su una collina sopra il bivio Scillato, storico e mitico passaggio della gara siciliana si udì un urlo, quasi un rabbioso latrato, “minchia! azzurra è!” lanciato dal solito osservatore messo lì di vedetta. Più abbasso riposero ovunque improperi di ogni sorta, mormorii e mugugni di disappunto che iniziarono a diffondersi per la valle. Azzurra! una macchina straniera, e per di più francese, la solita Bugatti, protagonista ancora una volta di questa ventesima edizione della Targa. Forse non sapevano che l’ingegnoso costruttore di quel bolide era italianissimo, nato a Milano; ma da quelle parti, forse ancora memori dei Vespri Siciliani, non poteva essere digerito lo sventolio della bandiera francese, ieri come oggi. E le voci, anzi le maleparole, giunsero fino a Cerda, più veloci del telegrafo, dove nelle tribune affollate, tra sfavillio di gioielli ed esibizioni di ogni vanità, cominciarono a sentirsi sentimenti simili ma espressi dai più noti aristocratici siciliani tutti in rigorosi abiti sportivi di inglese fattura. La delusione fu immensa e sentita quasi come un insulto.


Nel 1930 la situazione si rovesciò completamente anche se fin dalla vigilia la preoccupazione della gente, degli organizzatori e persino dei politici era piuttosto elevata. Le squadre partecipanti, particolarmente Alfa Romeo e Bugatti, si presentarono in forze, con piloti e vetture. La vittoria avrebbe decretato al mondo la supremazia non solo di una casa automobilistica ma addirittura di una intera nazione tanto erano accese le rispettive tifoserie ma anche la stampa tutta. Era chiaro però che la battaglia si sarebbe svolta tra Alfa e Bugatti senza esclusione di colpi; l’Alfa era in crescendo agonistico ovunque ma la Bugatti che aveva già vinto quella gara terribile per ben cinque anni di seguito faceva paura. E infatti quella che si corse nel ‘30 fu una gara spettacolare e ricca di colpi di scena a ogni curva che tennero la folla in apprensione costante fino all’ultimo giro, anzi fin quasi al traguardo che vide il trionfo del giovane Varzi e della sua P2, una auto pur vincitrice del 1^ Campionato del Mondo F1 nel 1925 ma ormai piuttosto vecchiarella. Era comunque un’Alfa Romeo. Il giornalista William Bradley ed altri suoi colleghi a bordo di una comoda e potente Fiat torpedo con numero 00 guidata da Mario, mitico autista di Vincenzo Florio, che seguiva la gara “dall’interno”, ne fu testimone diretto e ne descrisse con entusiasmo e precisione ogni metro, dalla partenza al sospirato traguardo. Vi rimandiamo a questo proposito al racconto XXI^ Targa Florio (4 maggio 1930) per poterne leggere e rivivere le varie entusiasmanti e drammatiche fasi fino al sospirato ma sofferto trionfo finale. “…le rosse macchine avevano vinto e l’Italia era entusiasticamente contenta” W. Bradley per Rapiditas.




Stefano d’Amico
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