Il Flobert di Enzo Ferrari
Enzo Ferrari ha sempre avuto una grande passione per il giornalismo, che aveva praticato in gioventù, e per gli stessi giornalisti, spesso sfociata in liti furibonde con loro che poi finivano immancabilmente davanti un bicchiere di Lambrusco e un piatto di tortellini. Nel 1976 pubblicò un libro a loro destinato, in sole mille copie mai in commercio, che oggi è divenuto un pezzo non solo di vera collezione ma soprattutto di grande interesse storico e culturale per le impressioni e i giudizi che il Commendatore rivolse ai più noti giornalisti dell’epoca. Impressioni da leggersi con attenzione, che sbalordiscono per la loro modernità e perspicacia, unite ad una ironica astuzia, che ben traspaiono dalla stessa prefazione che qui alleghiamo. Chiama i giornalisti addirittura “invidiati colleghi” per ricordarli e ingraziarseli ma gli rifila anche qualche bel “piumino” del Suo Flobert. In omaggio alla Sua memoria e alle Sue abitudini il testo è trascritto in colore viola, come piaceva a Lui.
Stefano d’Amico
Cari amici,
nelle lunghe attese del venerdì e sabato, quando il telefono e il telex tardavano a portarmi le notizie delle prove, e la domenica, nel tentativo di calmare le irrequietudini delle sospirate classifiche, ho scritto questa cartella. Sono semplici annotazioni, ricordi dedicati agli amici della carta stampata, sull’onda di impressioni ricevute e di episodi vissuti. Foglio dopo foglio, somigliano a quelle letterine che i bambini solitamente mettono sotto il piatto dei genitori la vigilia di Natale, anche se una differenza c’è, perché i bambini abbondano nei proponimenti, ma celano sempre ciò che pensano dei genitori.
Così, alla mia età, ritornato bambino, ho avvertito il prepotente piacere che mi spinse adolescente verso il giornalismo. Un desiderio che non ho mai abbandonato anche se taluni compitini mi hanno procurato grappoli di critiche. Mi perdonerete, questa volta? Non userete la vostra artiglieria contro di me, che possiedo soltanto un Flobert a piumini gelosamente custodito dall’infanzia e, di questi tempi, regolarmente denunciato?
Sono pagine dedicate agli amici sulla breccia, a quelli che solitamente ho incontrato, a quelli che, meno frequentati o anche visti una volta sola, hanno inciso una traccia emotiva nella mia memoria. Impossibile far figurare tutti, ma nessuno si senta escluso, perché proprio a voi tutti, invidiati colleghi, penso con amichevole sentimento e con il rammarico di chi non può emularvi, ma sa comprendere l’ingratitudine di un ruolo che talvolta vi induce a scrivere quello che più fa notizia. Ecco perché certe inesattezze, o confezionate verità, mi hanno sconsigliato e mi sconsigliano smentite o rettifiche che si risolverebbero normalmente a vantaggio dell’editore. Da qui la mia avversione alle interviste interpretative del mio pensiero e il desiderio di ricevere domande scritte per rispondere scrivendo, avvantaggiandomi di quella pausa riflessiva che intercorre fra la pronuncia e la traduzione grafica della parola.
Nel 1914 facevo il galoppino a Luciano Zuccoli, il romanziere della “Freccia nel fianco” e della “Divina creatura”, ora ritornata in auge con la riduzione cinematografica. Zuccoli dirigeva in quel periodo pre-elettorale la Provincia di Modena e io sognavo di diventare un giorno direttore come lui. Continuai poi a illudermi con le corrispondenze calcistiche alla Gazzetta dello sport. Stelloncini di cronaca: Inter batte Modena 7 a 1.
Negli anni Trenta fui consigliere delegato del Corriere dello sport. Era l’epoca in cui il quotidiano sportivo usciva a Bologna. Il presidente era Alberto Masprone, già centravanti dell’Hellas e dell’Inter, aviatore con D’Annunzio nella squadriglia su Vienna.
Ricordo con nostalgia quei tempi e quei collaboratori, sempre con me in discussione per l’entità e la puntualità dei pagamenti, e lo sportivo Buriani, presidente della Virtus, che interveniva nelle ricorrenti “secche”. Nedo Nadi curava la scherma, cinquanta lire per articolo, Corrado Filippini l’automobilismo, novanta lire mensili. Del calcio era specialista il direttore Roberto Pezzoli. Poi c’erano Barbacci, atletica e nuoto, Petroselli, boxe, e Maggi, per il ciclismo.
Il corso della vita doveva prevaricare per l’automobile, che era con l’operetta la terza delle mie adolescenti passioni, ma le incursioni giornalistiche resistettero.
Ho continuato, leggendo tanto, replicando talvolta, arrabbiandomi a turno. Sono arrivato all’età in cui si possono riprendere le letterine. A settantanove anni, come nell’infanzia, ci si commuove per le cose semplici, per fatti e situazioni che ai più sembrano irrilevanti, ma che invece racchiudono nella loro ingenuità il profumo della purezza. Con voi tutti, probabilmente, sono stato un poco esigente. Vi ho anche battezzato “ingegneri del lunedì”. Definizione che, debbo dirlo ora, non è mia. Saltò fuori un giorno da una discussione con Charles Faroux, grande ingegnere giornalista francese. Irritato da certe sue critiche, l’avevo invitato a collaborare tecnicamente con me. “Nossignore! – fu la risposta – Un conto è giudicare a cose fatte, del tutto diverso è preordinarle e attuarle. Io non saprei come cominciare per sostituirmi a lei”. Conclusi che nemmeno io avrei saputo imitarlo.
Ecco le lettere.
Quanto a me, continuerò a leggervi tutti con pari interesse e qualche volta a rispondervi. Lasciatemi alimentare uno dei primi sogni della lunga mia vita e perdonatemi, anche nel caso che un colpo sparato con eccessiva disinvoltura dal mio Flobert ad aria compressa abbia colpito una parte delicata. Il graffio di un piumino non lascia il segno. E poi c’è il desiderio di unirmi per qualche momento a voi, che restate creditori del tanto bene elargito a Enzo Ferrari anche parlandone talvolta male.
In un mondo inquinato di paura, mi sembra bello poter ancora sorridere dei nostri cordiali contrasti, alimentati da calore umano e amore per lo sport.
Cordialmente vostro
Enzo Ferrari
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Il Flobert Copyright Enzo Ferrari 1976