La Scuderia Ferrari
Alla fine del 1929, durante una cena presso la Casa del Fascio offerta dall’Automobile Club di Bologna in onore di Alfieri Maserati e Baconin Borzacchini, protagonisti dell’evento conclusivo della stagione agonistica, nacque la Società Anonima Scuderia Ferrari.
Quella occasione, allegra e conviviale, fu organizzata per festeggiare i Fratelli Maserati, costruttori della vettura, e particolarmente Baconin Borzacchini, autore del record del mondo sui 10 chilometri conquistato il 28 settembre del 1929 a Cremona con la potentissima Maserati sedici cilindri.
In Emilia, terra di motori e di accese passioni, e particolarmente a Bologna, i punti di ritrovo dei tifosi e dei tecnici di sport motoristici non erano tanto la sede del rappresentante Alfa Romeo per l’Emilia-Romagna e le Marche Enzo Ferrari, in Via Montegrappa, quanto il Caffè San Pietro e il Bar Follia in Via Indipendenza. Sorprendentemente privi per l’epoca di barriere sociali, tutti gli avventori dei due locali erano affratellati dal comune entusiasmo per i motori e per la velocità. Le discussioni, i giudizi, i pettegolezzi, gli “allenatori del lunedì”, come li chiamava Ferrari, animavano per intere giornate questi chiassosi locali.
E quando due facoltosi commercianti di canapa di Ferrara, Augusto e Alfredo Caniato, cominciarono a frequentare assiduamente i due particolari ritrovi nei giorni di mercato e ad appassionarsi all’argomento, finirono ben presto per entrare nell’orbita e nelle mire di Enzo Ferrari il quale, da ottimo faccendiere e commerciante qual’era, cercava sempre di piazzare a qualcuno le sue già famose ma costose vetture. E infatti Alfredo, il più giovane, un bel giorno ci cascò e “abboccò” acquistando una fiammante 6C 1500 Super Sport senza compressore. Spronato poi da Bruno Biagi, presidente del Reale Automobile Club di Bologna, partecipò subito al Circuito delle Tre Province del 1° settembre giungendo addirittura sesto assoluto. Un risultato inaspettato che lo inorgoglì e lo entusiasmò incentivando ancora di più la passione latente, intuita da Ferrari, e ulteriormente “commossa” dal bel premio in denaro che si era guadagnato.
Infatti il “destino” volle che la sera dei festeggiamenti in onore di Maserati e Borzacchini, Enzo Ferrari, pur giovanissimo, aveva solo 31 anni, ma sempre molto abile ed accorto, si trovasse non certo per caso seduto vicino al suo facoltoso cliente Alfredo Caniato e a Mario Tadini che in quella stessa corsa era arrivato terzo. Costui bergamasco di origine, gentiluomo elegante e naturalmente anche lui ricco, appassionato di automobili veloci e di altre emozioni, aveva a Bologna uno dei tanti negozi di abbigliamento della famiglia. Ferrari parlava, parlava, descriveva e certo non sognava ma sicuramente incantava. Il progetto di fondare una scuderia sportiva su basi altamente professionali, ben diverse da quelle quasi goliardiche che fino a quel momento avevano animato iniziative simili, fu subito definito in ogni dettaglio; “voi ci mettete i soldi, io organizzo!“ diceva. Parla, parla, incanta, incanta, fatto è che finirono, sempre “casualmente”, presso lo studio dell’avvocato Enzo Levi di Modena.
Naturalmente Tadini e Alfredo Caniato assicurarono la copertura finanziaria mentre Ferrari, che sapeva molto bene come sfruttare la sua notevole competenza ed il suo straordinario ascendente, si occupò della parte tecnica ed organizzativa.
Sull’onda dell’entusiasmo, i tre organizzarono immediatamente un viaggio a Milano per incontrare al Portello i responsabili dell’Alfa Romeo, che peraltro, come noto e come consuetudine, non stava attraversando momenti di grande stabilità amministrativa, dai quali ottennero subito le necessarie assicurazioni sull’assistenza tecnica certi, in questo modo, di disimpegnarsi ufficialmente dalle costosissime competizioni e dalla gestione dei piloti lasciando a terzi il compito di rappresentare la Casa. L’Alfa, qualora la neonata Scuderia avesse avuto successo, avrebbe fatto comunque una bella figura. Era pur sempre una vettura Alfa che vinceva; in caso di insuccesso o di risultati modesti la colpa sarebbe stata non certo dell’Azienda ma di questi “sprovveduti”, appassionati gentiluomini.
A coronamento del progetto, anche Giuseppe Campari, amicone di Ferrari, che la sera precedente era stato invitato a cena a casa sua nei pressi di San Siro, tra varie cantate e piattoni di pasta serviti dalla moglie Lena Cavalleri, anche lei cantante lirica, si mostrò molto interessato all’iniziativa manifestando l’intenzione di aderire alla Scuderia non appena i suoi impegni glielo avessero consentito. Per Ferrari questa disponibilità equivaleva ad un imprimatur ufficiale: la presenza nella sua squadra del popolare asso lodigiano gli avrebbe garantito infatti non tanto una sicura e forte collaborazione dall’Alfa quanto soprattutto ingaggi molto vantaggiosi!
Ma dentro di sè voleva in particolar modo “dimostrare agli altri, a sè stesso e all’Alfa Romeo, dove aveva lavorato per vent’anni, che non era vissuto solo di luce riflessa. … Era il momento di far vedere dove fossero arrivate le mie forze” (Enzo Ferrari, Libro rosso, 1974, rarissima edizione mai in commercio).
“La Scuderia ebbe vita per nove anni e un cordone ombelicale la legò costantemente alla casa milanese” (Enzo Ferrari, Libro Rosso).
“Il conte Carlo Felice Trossi, presidente della scuderia dal 1932, fu un personaggio singolare. Con estrosa e scanzonata disinvoltura faceva cose che altri avrebbero giudicato impossibili, sia nella vita che nella pista. Alto, dinoccolato, biondo, portava nell’ambiente dell’automobilismo una nota di curiosa, svagata signorilità …. Ed era un grande pilota…. In una corsa a Biella, duellando con Nuvolari, riuscì a superarlo di prepotenza.” (Enzo Ferrari, Le briglie del successo, 1969).
“La Scuderia divenne un piccolo reparto distaccato di affezionatissimi clienti dell’Alfa, legati fra loro, oltre che da interessi agonistici anche da interessi tecnici e finanziari” (Enzo Ferrari, Libro rosso).
La Scuderia, che partecipava a competizioni automobilistiche e motociclistiche con le moto Rudge, ottenne dei successi strepitosi ma anche momenti di grande sofferenza. I suoi piloti e i suoi tecnici, tutti provenienti dall’Alfa, Bazzi e Jano compresi, erano i più famosi del tempo.
“L’assunzione degli assi come Campari, Nuvolari, Borzacchini, non pregiudicò mai la creazione interna di altri piloti, destinati alcuni a un luminoso avvenire: Trossi, Brivio, Moll, Tadini, Pintacuda, Siena sono i primi che mi vengono alla memoria, ma ricordo Comotti, Scarfiotti, D’Ippolito, Carraroli, Ziegler, Bucci, Zaccarini, Bruno, Ramponi, Severi, …. Essi furono un prodotto della Scuderia” (Enzo Ferrari).
I rapporti con l’Alfa non furono sempre idilliaci, ci furono anzi “accesi contrasti” motivati sia dall’arrivo in Alfa dell’autoritario ingegnere spagnolo Wilfredo Ricart sia dalla prepotente personalità di Ferrari animata da una intima “vocazione di agitatore di uomini e di problemi tecnici”. Nel 1939 Ferrari lasciò definitivamente l’Alfa Romeo, “senza astio ma con profondo dolore”, e Ugo Gobbato, che ne era Direttore Generale, annunciò la costituzione dell’Alfa Corse che avrebbe assorbito e posto in liquidazione la Scuderia Ferrari procedendo direttamente sia nella costruzione di vetture da corsa che nella loro gestione sportiva.
La storica sede della Scuderia a Modena divenne un’officina assistenza Alfa Romeo e Ferrari passò così alle “dipendenze” dell’Alfa come responsabile della nuova struttura. Ma, con un carattere come il suo, l’iniziativa durò assai poco e la fervida mente di Ferrari ideò il progetto destinato a diventare una nuova grande, esaltante avventura. Con il ricavato della vendita della Scuderia e la sua liquidazione personale dall’Alfa fondò infatti a Maranello, dove aveva “una piccola casa di campagna”, l’Auto Avio Costruzioni (nacquero le 815) e nel 1947 … la Ferrari. Ma questa è un’altra storia.
Scorrendo le pagine dei giornali e delle riviste dell’epoca, in particolare proprio quelle del periodico “Scuderia Ferrari“, e successivamente delle infinite pubblicazioni sull’argomento, emerge fortissima la personalità di Ferrari unita ad un indiscusso carisma che ne fecero il sottile regista e l’abile stratega dello sport automobilistico mondiale per ben settanta anni. Per noi è stato non tanto il personaggio più significativo di questo sport dall’era dei pionieri sino agli anni ’80, quanto soprattutto l’artefice indiscusso delle più belle pagine della leggenda dell’Alfa Romeo.
Agosto 1952
Cari amici dell’Alfa,
Permettetemi di incominciare così questa lettera che vi scrivo dopo tanti anni.
Il vostro telegramma di oggi mi ha portato una grande ventata di primavera e nel cielo terso ho letto, con chiarezza sconcertante, l’intero libro dei nostri ricordi.
Venti anni ho vissuto con voi; quanti fatti, avvenimenti, uomini sono passati! Tutto e tutti oggi ho ricordato.
Ho ancora per la nostra Alfa, siatene certi, l’adolescente tenerezza del primo amore, l’affetto immacolato per la mamma!
Credetemi.
vostro Enzo Ferrari
(Risposta di Ferrari al telegramma di congratulazioni dell’ing. Quaroni, Dir. Gen. Alfa Romeo, per la vittoria del primo Campionato del Mondo vinto dalla Ferrari con Ascari)
Stefano d’Amico
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