Metti una sera a cena… e ti spunta Nivola
Inviti a cena un paio di amici e all’improvviso viene fuori una storia. Dire una storia forse è eccessivo ma un aneddoto dimenticato e curioso spesso arricchisce i contorni della storia stessa. Quella di un uomo leggendario.
Nelle colline di Fano, quelle affacciate su spicchi di un mare azzurro che ti sembra lontano eppure è là sotto a occhieggiare colline gialle e verdi fatte di boschi radi, tra macchie di grano e vigneti ordinati, ti spuntano una sera Ferruccio, meglio noto come Ciccio, anche se non capisco perché lo chiamino così visto che è fatto tutto di pelle e ossa, e Marcello, noto stilista, amante del buon vivere e filosofo per passione. Sono amici da sempre, ex coniugati e ora ricercati scapoli impenitenti, principi dei salotti locali, amanti del buon cibo e ancor più del buon bere. Ciccio, professore al conservatorio di Pesaro, virtuoso di chitarra classica suona da maestro e cucina da dio, adora la natura e si perde fra i boschi. Marcello, uomo colto e raffinato, stilista di successo, disegna di moda e si diletta di orologi sofisticati, pur avendo poco i piedi per terra e tanto la testa nello spazio. Una serata con loro diventa uno spasso mentre il gossip locale diventa cronaca. Essendo scapoli appetitosi e appetiti sanno tutto di tutti, anzi di tutte; quindi una serata divertente e gustosa è sempre assicurata.
Ciccio si è presentato con un sughetto alle vongole eccezionale che ha trovato esaltazione su uno spaghetto sublime, divorato mentre il cielo del tramonto, laggiù verso Pesaro, diventava da rosso a violaceo e il bianchello del Metauro ne arricchiva il gusto adriatico. Le vongole di questo mare, piccole ma squisite, le chiamano poveracce, forse perché non sono riconosciute dall’Europa, incolta e insapore, per le loro dimensioni ridotte o forse per limitare e avvilire ancor di più le nostre prelibatezze.
Fatto sta che tra gossip e poveracce si parla anche di chi fa la migliore amatriciana oltre al mitico ristorante Roma di Amatrice, sempre attivo malgrado i terremoti. Ricordo ai nostri amici una cena romana ai Due Ponti, noto ristorante sulla Flaminia, poco prima di Ponte Milvio, con alcuni piloti del passato dove il piatto unico ma fondamentale fu una stupenda amatriciana preparata dallo stesso Patrizio Barberini, caro amico e proprietario da sempre del locale un tempo frequentato dalle più alte cariche del fascismo. Conoscendo la mia passione automobilistica, raccontavo a Ciccio, il buon Patrizio apparecchiò per noi lo stesso tavolo dove nel ‘35 Mussolini invitò a pranzo il grande Tazio Nuvolari reduce dalla leggendaria vittoria tutta italiana al Nurburgring dove con una vecchia Alfa Romeo P3 si permise di umiliare lo strapotere motoristico germanico.
Nuvolari!! Neanche avevo fatto in tempo a terminare il mio raccontino che Ciccio se ne esce esclamando : Nuvolari, incredibile, Nuvolari! Stefano hai fatto tornare nella mia mente un ricordo sepolto da oltre 60 anni. Nuvolari. Io l’ho conosciuto; fu un episodio che ha animato la mia famiglia per mesi a inizio anni ‘50. Ammutolisco subito e Ciccio è come un fiume in piena (il Metauro sicuro). Mio padre, racconta, aveva da poco acquistato un’Alfa Romeo 1900, di cui era assai orgoglioso, e ci stavamo recando da Pesaro a Cesena in visita ad alcuni suoi clienti quando all’improvviso ci viene addosso, ammaccando e graffiando la nostra fiancata sinistra, un’altra 1900 o forse una Fiat 1400 che procedeva a gran velocità in senso inverso. Ci fermammo subito e mio padre scese dall’auto preoccupato e ricordo abbastanza arrabbiato. Nessuno per fortuna si era fatto male, ma la sorpresa fu che dall’altra macchina scese di corsa un uomo piccolino e gentile con una sigaretta a penzoloni fra le labbra. Si muoveva nervoso e mortificato prodigandosi in scuse verso mio padre che rimase letteralmente ammutolito.
L’omino era nientemeno che la leggenda vivente dell’automobilismo, Tazio Nuvolari.
Stasera Stefano con quel nome mi hai fatto ritornare in mente e in vita, come una foto nitidissima saltata fuori da un cassetto, un episodio che avevo completamente dimenticato. Non amo le auto come te, ma ora tutto è di nuovo qui. Mio padre con il suo cappotto lungo quasi fino ai piedi, l’omino con la sciarpa che mi accarezzava il capo scusandosi ancora e il pranzo da lui offerto in una trattoria poco distante dall’incontro, anzi dallo scontro. Finì così in un paio d’ore, lo so che vorresti saperne di più ma… così fu e non ricordo altro. Solo che a casa se ne parlò un bel po’.
È logico che io avrei voluto saperne di più; se forse si erano scritti? Magari fatti gli auguri, che so, una letterina, un autografo, … il collezionista non si smentisce mai. Ma finì proprio così. Loro a pranzo e noi a cena.
Nuvolari se ne andò di notte, in quegli stessi anni, forse poco dopo quell’incontro, nel suo letto, lui che la morte cercò inutilmente in corsa; se ne andò a fari spenti come quando vinse la Mille Miglia del ‘30; se ne andò spossato da un male impietoso in questi giorni d’agosto del ‘53 e ai suoi funerali a Mantova c’erano proprio tutti. Oltre trentamila persone.
E questa è un’altra piccola pagina di storia di una giornata della vita del Nivola, quella in cui incontrò il nostro allor giovane Ciccio; chissà invece Nuvolari cosa pensava e dove andava quel giorno. Mah? questa storia io me la segno.
Stefano d’Amico
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