Non ci credo, però …
“occhio, malocchio, prezzemolo e finocchio; aglio, fracaglia, fattura ca non quaglia” …. Scaramanzie e scongiuri, corna e “bicuorna”, quanti gesti strani, alcuni davvero insoliti, che vediamo praticare assai spesso ovunque e forse volentieri mettiamo in atto noi stessi o magari, per decoro, li pensiamo solamente giusto per allontanare, o quanto meno lenire, momenti non certo favorevoli della nostra giornata. La fortuna, lo sanno tutti, è cieca, ma la scarogna, ahinoi, ci vede benissimo e allora qualche antica formula, un gesto, o magari il semplice tocco di un amuleto o altro possono spesso mitigare, anche idealmente, tante seccature del vivere quotidiano e magari peggio.
Superstizione: Insieme di credenze o pratiche rituali dettate da ignoranza, frutto di errore, di convinzioni sorpassate, di atteggiamenti irrazionali, … pratiche o rituali di società antiche, culti pagani, ambienti culturali arretrati, … Insomma, tanto recita implacabile, severa e distaccata dall’alto della sua sapienza l’Enciclopedia Treccani. E sicuramente sarà così; però pochi giorni fa mentre tornavo a casa in auto per via Misurina, una bella via alberata a senso unico a nord di Roma, mi vedo attraversare la strada da un bel gatto nero, indifferente e pacioso. Per “sicurezza” e tradizione mi fermo subito e, con il braccio fuori dal finestrino, invito a passare un elegante signore alla guida di una possente Maserati Levante dietro di me. Ma dallo specchio retrovisore vedo un braccio destro, tenuto ben serrato al gomito dal braccio sinistro, muoversi ripetutamente in senso orizzontale. Come dire con classe: col cavolo che passo! Quindi anche lui si era accorto del gatto! Restiamo così entrambi fermi, qualche istante in attesa, finchè una signora su Smart ci supera strombazzando e finendo violentemente, dopo una decina di metri, conto una Mercedes in sosta. Io assolutamente non ci credo però … però il gatto nero era passato e l’espressione del signore distinto che finalmente mi superava era chiara, sembrava dire: hai visto? La morale è semplice ………
Mi vengono in mente tanti cari amici, stimati professionisti di successo e alte personalità di cui non voglio offendere la notevole intelligenza, che ogni mattina si leggono l’oroscopo e girano con un bel corno in tasca, lucidissimo per le continue carezze.
A Napoli, i più giovani certo non lo sanno, ma nel 1973 arrivò ”o vibrione”, un virus subdolo e maligno che causò un’epidemia di colera con circa 300 morti. Poco dopo, con grande spirito civico, il Presidente della Repubblica Giovanni Leone, napoletano verace, si recò in visita all’Ospedale Cotugno e girando nelle corsie, con mascherina in volto e piuttosto perplesso, muoveva ripetutamente entrambe le mani con il gesto delle corna, cui era solito ricorrere, per proteggersi non solo dalla malattia ma anche dalle frasi di malaugurio dei numerosi pazienti “spazientiti”. Le foto fecero il giro del mondo. Alle corna era uso anche Silvio Berlusconi che più di una volta, pur sorridente e malizioso, è stato ripreso con l’italico gesto ripetuto anche da Romano Prodi, ma con ghigno meno scherzoso.
Nel mondo delle corse poi quella della superstizione o di alcune manie è da sempre una prassi. Fa quasi parte della messa a punto del mezzo meccanico. Il numero 13, per molti sinonimo di buona sorte è per altri un segno di sciagura. Franco Gozzi, mitico braccio destro di Ferrari, ricordava che Mikes Parkes ne era addirittura terrorizzato e Ferrari stesso, simbolo della severità e del distacco più esasperato ma che di cervello ne aveva da vendere, non scriveva se non con pennarelli viola e in un suo libro annotò “superstizioso lo sono, ma in modo generico: mi infastidisce come numero di gara il 17, identificato in alcuni incidenti luttuosi dopo la morte del mio grande amico Ugo Sivocci (pilota Alfa Romeo) a Monza nel 1923. Credo che tutti i piloti abbiano il loro patrimonio di superstizioni personali e ne potrei elencare un bel campionario, da quella di non collaudare una macchina il venerdì a quella di non …, bè, queste sono cose private”. Intanto però, ricordava il suo autista Peppino, che se vedeva una suora o un gatto nero attraversare la strada bisognava prendere un’altra direzione.
L’Alfa Romeo, per la sua squadra ufficiale diretta dal pur pragmatico Vittorio Jano, dipinse sin dal 1923 un bel quadrifoglio verde in campo bianco sul cofano delle sue auto da corsa. Un simbolo leggendario e vittorioso che da allora accompagnerà tutte le vetture più sportive della Casa milanese.
Franco Gozzi sempre a proposito di portafortuna e scaramanzia ha ricordato in un suo libro molte spassose “stranezze” cui erano usi molti piloti. “Borzacchini odiava i frati con la barba (quindi tutti) e Bracco i gobbi. Ascari e Bordino salivano in macchina solo a digiuno e con le scarpe perfettamente pulite mentre Campari a stomaco letteralmente pieno, anche di vino; Gonzales pare che in gara parlasse con San Pietro mentre Senna, lo dichiarò lui stesso più volte, vedeva addirittura Dio. E poi c’era anche una forma assai piacevole di scaramanzia legata al sesso, prima o dopo ogni gara e anche prima e dopo, pur con pareri discordi. Grandi fautori ne erano De Portago, Regazzoni, Arnoux, con James Hunt capo in testa. Nuvolari non partiva senza la sua vecchia maglia gialla o la spilletta d’oro con la tartaruga, dono di Gabriele D’Annunzio. Sommer aveva un vecchio e sdrucito foulard a pois, Cortese sempre le stesse calze giallo canarino (auspichiamo almeno lavate), Villoresi l’orologio di suo fratello Emilio morto a Monza con l’Alfetta 158. Fangio aveva sempre addosso l’immagine della Vergine di Guadalupa; Mairesse una zampa di coniglio, Pedro Rodriguez alcuni peperoncini rossi piccanti sempre in tasca e l’anello di suo fratello Ricardo al dito (quando Pedro si uccise al Norisring con la Ferrari 512M si era dimenticato di mettere l’anello del fratello morto nel 1962 con la Lotus). Luigi Musso lo stesso set di guanti e occhiali che gli doveva porgere solo la sua fidanzata Fiamma Breschi, Collins la catenina d’oro di Louis Cordier, Wimille la sciarpa di seta di Juliette Greco. Phil Hill non partiva se prima non veniva inzuppato d’acqua fredda. Ignazio Giunti un bel cornetto rosso, Jonathan Williams l’anello di una fattucchiera, madre di una sua ragazza. Persino il freddo Niki Lauda aveva il suo amuleto, una monetina piccolissima dentro i guanti, ma non ha mai voluto farlo vedere. Chris Amon poi cambiava amuleti ogni gara ed era infatti il re degli sfortunati!”
Phill Hill innaffiato dal Direttore Sportivo della Ferrari Romolo Tavoni prima del GP di Monza 1961 e Alberto Ascari nella tradizionale pulizia delle scarpe (GP Modena 1950).
Gerhard Berger faceva le corna verso il volante della sua vettura toccandosi platealmente le proprie parti basse, più o meno come Valentino Rossi, terminando il rituale con la palpata del posteriore femminile più vicino. Sebastian Vettel infila sempre dentro la scarpa un santino di San Cristoforo e un maialino in tasca. Jean Alesi invece il santino se lo metteva dentro il casco. Ayrton Senna non voleva che altri toccassero i suoi guanti, sempre gli stessi e assai consunti.
Avete poi mai visto un pilota di moto poggiare il proprio casco in terra? Per carità! la terra è luogo di caduta. Pensate soltanto ai mitici rituali di Valentino Rossi che iniziano, come tutti voi avrete notato da anni, dall’interno del box fino a pochi attimi prima della partenza. Mentre nell’uscita in pista dai box, in piedi sulla moto, deve darsi una robusta smanettata alle parti basse, avanti e dietro. Gesti peraltro imitati o condivisi da diversi altri piloti insieme a un più salutare segno della Croce per chi si accinge ad affrontare curvoni a 300 all’ora, un misto insomma di sacro e profano che offre ma non sempre garantisce una sana sensazione di protezione. Max Biaggi, pluricampione mondiale, per tutta la sua lunga carriera agonistica ha indossato sempre la stessa biancheria intima. Dopo circa 20 anni di attività agonistica chissà come si sarà ridotta!
Insomma la scaramanzia in ogni sua forma più o meno plateale o garbatamente riservata è una “scienza” anomala che aiuta tanto e costa poco pertanto va sicuramente assecondata o quanto meno rispettata! Trotsky, che scemo non era, diceva che nessuno è più superstizioso degli scettici ed Eduardo De Filippo nella sua saggezza popolare confermava che essere superstiziosi è da ignoranti ma non esserlo porta male …. Quindi … buona fortuna a tutti!
Stefano d’Amico
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