1975 – 2017
Quarant’anni di RIAR (Registro Italiano Alfa Romeo)
E finalmente fu il Riar
Lamberto Morini mi aveva infatti già introdotto tra i suoi amici del Portello, a Milano, in via Gattamelata, sede allora del Riar, dopo quella storica del 1962 a Roma al Villino delle Fate nello splendido quartiere Coppedè, in via Brenta 7, e poco prima di quella di Arese presso il nuovissimo Museo della Casa. Presidente del Riar era il Conte Giovanni (Giovannino o Count Jhonny) Lurani Cernuschi, succeduto nel 1968 a Francesco Santovetti.
In Alfa Romeo imperava il potentissimo direttore delle Relazioni Esterne ( SECEN REPU) Camillo Marchetti, gran signore anche lui, grande e caro amico da oltre 40 anni. Ebbi la sensazione di essere arrivato a casa mia. Grazie a Gigi Bonfanti feci subito amicizia con Luigi Fusi, in piena attività per sistemare il neonato Museo (inaugurato poi nel 1976) e Gonzalo Maria Alvarez che con Elvira Ruocco sistemavano e organizzavano ad Arese il Centro Documentazione e l’archivio coadiuvati da un giovanissimo Mimmo Magro che divenne negli anni successivi Responsabile del Museo.
Targa commemorativa in bronzo coniata per l’inaugurazione del Museo Alfa Romeo di Arese nel 1976.
Dall’Eni Roma mi feci trasferire a Milano per essere più vicino alle società operative del Gruppo Eni e guadagnare così un pò di più, ma in fondo mi piaceva tanto avvicinarmi a quello che stava diventando il mio mondo e riempiva la mia passione.
Grazie a Lamberto Morini, feci appena in tempo a conoscere il primo segretario del Riar, il dr. Angelo Bordoni, scomparso anche lui troppo presto, sostituito da un altro brillante funzionario dell’Alfa Romeo, poliglotta e gran signore, il barone Raimondo Corsi di Turri. Un vero gentiluomo ed un amico. Insieme ad altri allora giovanissimi appassionati milanesi nei week end si organizzavano spesso gite a Balocco e nei dintorni. C’erano Roy ed Edna Slater, Guido Delli Ponti, Eugenio Ballarin, Pasquale Oliveri, spesso il collaudatore Bruno Bonini, ed altri ….., ecco eravamo un gruppo molto unito e sempre in movimento per trovare ricambi, auto vecchie e abbandonate, andare in giro a perder tempo con le Alfa o ascoltare senza sosta un disco con i rumori delle auto del Museo e i racconti affascinanti di Lurani, Fusi, Bonini, Guidotti.
A Milano vicino al Cimitero Monumentale ricordo un garage paradisiaco, meta di molti pellegrinaggi: era mi sembra di un certo Livio Guarneri che aveva ricostruito alcune 33 Stradale con i pezzi originali ceduti dall’Autodelta per venderle, se non ricordo male, a 10 o 15 milioni di lire l’una, documenti inclusi ! Nessuno di noi aveva tutti quei soldi, solo sogni e una gran bava alla bocca ! Vicino Arese poi, in un’altra officina verso Rho, era abbandonato in un angolo un altro pezzo da 90; una GTAm ufficiale, ex Hezeman, a malapena coperta da una tettoia cadente e in vendita anch’essa a due o tre milioni di lire. Quante discussioni, quanti progetti, …
Al Riar, di cui divenni ufficialmente socio nel 1975 insieme a Vito da Prato, Luigi “Cocò” Chinetti (già pilota AR vittorioso a Les Mans nel 1932 con Nuvolari e la 8C, importatore Ferrari in USA e fondatore della NART, North American Racing Team), Alfredo Celli, il Conte Emilio Gritti Morlacchi, e pochi altri c’erano allora circa un centinaio di iscritti, tutti personaggi coltissimi, grandi appassionati e profondi conoscitori dell’argomento. Curatore del Riar era Luigi Fusi, scomparso nel 1996. A fine anni ’80 questa carica fu assunta da Bruno Bonini, uno dei sette grandi collaudatori Alfa Romeo morto in un incidente di gara a SPA nel 1994 mentre guidava una GTA della Scuderia del Portello. Lui che quelle stesse vetture aveva deliberato nel 1965. Tesoriere il fedelissimo, mitico e indimenticato ragionier Giuseppe Casazza, già tesoriere di ACI Milano e della Scuderia Ambrosiana, attento e severo custode dei conti Riar compilati esclusivamente con una piccola matita appuntita. Tempi eroici ed ormai irripetibili animati da figure di grande professionalità, correttezza, umanità e spessore.
In Alfa, come peraltro ricorda Camillo Marchetti in una intervista su “Il Quadrifoglio”, esisteva un capitale umano che di rado mi è più capitato di incontrare ed oggi del tutto scomparso; il vecchio insegnava al giovane e trasmetteva, oltre all’esperienza, anche educazione, tradizioni e conoscenze consentendo così all’Azienda di conservare e tramandare un patrimonio intangibile preziosissimo. Dal più umile operaio al massimo dirigente ne apprezzavi non solo la professionalità ma anche i modi cortesi ed educati, la disponibilità e l’orgoglio di far parte di una Casa tanto leggendaria e prestigiosa. Ed era bello sedersi a tavola con questi signori. Dall’ultimo operaio al Presidente.