San Cristoforo e l’automobile
La Leggenda e la Fede, spesso a braccetto e confuse nello scorrere dei secoli, sono state sempre favorite e rafforzate dal credo popolare e dalle immagini dell’arte che ne rappresentano le vicende, ne animano la tradizione e ne ravvivano la devozione creando sovente attorno a loro anche delle belle storie. Come accadde anche per il nostro caro San Cristoforo, il portatore di Cristo. Ma non tutti sanno chi era costui, cosa abbia fatto per diventare addirittura santo e finire dopo 1600 anni sul cruscotto delle automobili. Siamo nel terzo secolo d.C. e pare che il mite Cristoforo sia stato invece un gigante maestoso e terribile, attaccabrighe e manesco, che non si chiamava affatto Cristoforo ma Rèprobo (o anche Adòcino oppure Offerus, secondo le tradizioni) e fosse solo desideroso di servire il sovrano più potente del mondo, sia stato esso un dio che un demonio. Un eremita lo convinse ad abbandonare le mire sul diavolo, abbracciare quindi il cristianesimo e aiutare i suoi devoti ad attraversare un fiume impetuoso per arrivare e pregare da lui. Quando un bel giorno, mentre si godeva il sole in attesa dei viandanti, ecco presentarsi all’improvviso un fanciullo che gli chiese di portarlo sulla riva opposta; il gigante se lo caricò senza alcuno sforzo sulle spalle e iniziò il guado ma fatti pochi passi avvertì un peso enorme su di lui e cominciò a barcollare fino a cadere nell’acqua divenuta improvvisamente calma. Fu questa volta il delicato fanciullo a sollevarlo e a ricordargli che a Lui, così piccolo, “toccava invece sostenere il peso del mondo intero”. E scomparve. Reprobo-Adòcino-Offerus, o come si chiamasse, capì subito chi aveva avuto sulle spalle; da allora si chiamò Cristoforo e iniziò anche lui a predicare la fede cristiana in Lycia, una antica provincia della Turchia. Ma durò poco; fu infatti colpito dalle persecuzioni e subì un martiro straziante. Era talmente grande e grosso che dopo parecchi, lunghi e inutili tentativi per ucciderlo si arrivò a decapitarlo. Questa è la sua storia, triste e suggestiva, ma come si arrivò a metterlo dopo tanti anni sui volanti e sui cruscotti delle automobili, vicino magari alle minuscole foto di bimbi che invitavano il papà a non correre?
Un interessante e attento articolo su “La Stampa Sportiva” del novembre 1905 racconta degli audaci viaggi in automobile della Regina Margherita di Savoia. Circa 5000 chilometri attraverso l’Europa percorsi in “soli” 39 giorni “sul fido automobile (scritto ancora al maschile) Sparviero, una ottima F.I.AT. 24 HP che il gusto regale ha trasformato in una piccola reggia”. Il giornalista Gustavo Verona nell’elencare i numerosi allestimenti della vettura, oggi definti optionals, notò sopra il cristallo del divisorio, ma sotto lo stemma reale, uno splendido medaglione in argento con l’effige del nostro santo con bambinello sulle spalle. La sacra immagine, contornata da un cerchio in oro, recava la scritta “San Cristoforo preservaci dai pericoli e proteggici dagli incidenti di viaggio!” che la Sovrana dettò personalmente all’orafo reale. La stessa impavida Regina nei suoi viaggi in auto si fregiava sul petto generoso di una analoga e preziosa medaglia che aveva imposto (in forma certo meno preziosa) anche ai suoi autisti e meccanici.
La Regina Margherita, ai primi del ‘900, con alcune sue auto. Una FIAT e una Temperino.
Gli allestimenti della vettura reale, come ci racconta sempre il bravo giornalista grazie a indiscrezioni del seguito, erano davvero sontuosi e … full optionals, come leggerete. Certo questa FIAT, un lussosissimo doppio phaeton da viaggio, doveva avere un motore ed una meccanica davvero poderosi! Portava ben “330 chilogrammi di bagagli suddivisi in quattro bauli, due nella parte posteriore e due laterali, contenenti oggetti di biancheria, scialli e pellicce. Nello sportello centrale destro era fissata una piccola farmacia, su quello opposto una ricca collezione di guide del Touring Club di cui Sua Maestà è socia vitalizia.Completavano il carico due copertoni di scorta antisdrucciolevoli e un servizio completo per refezioni campestri”. E in più, ovviamente, i passeggeri. Oltre infatti a Sua Maestà “lo Sparviero (come la Regina aveva voluto chiamare questa vettura) trasportava sei viaggiatori: la Marchesa di Villamarina, la Contessa Pes e il Marchese Guiccioli. Alla guida stava il direttore del garage reale, cav. Ettore Cariolato, assistito dal meccanico Grossi Attilio, uno veneto e l’altro toscano”.
La Regina, particolarmente amante delle auto, che guidava peraltro benissimo, aveva “scoperto” in Francia questa devozione per il santo protettore degli automobilisti in uno dei suoi viaggi ai primi del ‘900 e può senzaltro essere considerata la prima in assoluto ad averne adottato la devozione anche in Italia, applicandone l’immagine in ogni sua vettura: un’iniziativa subito ripresa dalla sua corte, da quelli che contavano e, via via, da tutti gli automoblisti. Tuttora in Francia il 24 luglio viene celebrata la ricorrenza del Santo con raduni automobilistici al Santuario di Saint Cristophe le Jejolet in Normandia.
Il bravo San Cristoforo fece così la fortuna anche di molti pataccari i cui prodotti con la sua immagine di plasticaccia o vil metallo furono abbinati a portacenere, rilievi calamitati e persino minialtarini, anche luminosi, insieme con mini foto di lei, di lei e lui, di lei con figli e nipoti, del pupo appena nato, di nonno e nonna, ecc. con abbinate diciture augurali di buon viaggio papà, in bocca al lupo, papà vai piano, amore pensa a me, proteggimi sempre e ovunque ed altre supplichevoli amenità di cui furono “arricchiti” i cruscotti delle automobili negli anni del “boom”. In contemporanea apparvero anche coppie di cagnolini in plastica da applicarsi sotto il lunotto posteriore che muovevano la testa e si illuminavano gli occhi. Una rarità oggi come cimelio del kitch più eccelso ma un must allora per tutte le 600 e le 1100. E comunque, ormai in Cina, se ne producono tuttora e più sofisticati essendoci ovviamente chi se li compra!
San Cristoforo ultimamente e inspiegabilmente è stato un po’ surclassato da Santa Cristina, come peraltro lo fu Saint Fiacre, pio frate agostiniano protettore dei vetturini e poi dei tassisti, ma anche di chi ha malattie veneree (??!!), che ne applicavano l’effige sulle loro carrozze. Fu venerato anche lui in Francia, particolarmente a Parigi dove nei pressi dell’Hotel Saint Fiacre avevano la loro stazione di sosta. Non a caso Saint Fiacre diede il suo nome a una carrozza pubblica da piazza tirata da uno o due cavalli.
Altra portentosa protettrice dei viaggiatori è la miracolosa Madonna del Divino Amore il cui santuario, strapieno di ex voto, alcuni di incredibile e preziosa fattura, si trova a Roma a Castel di Leva sulla via Ardeatina, meta di pellegrini da ogni parte del mondo. Particolarmente interessante l’ex voto con la cuffia del marconista Biagi del dirigibile Italia nella tragica spedizione al Polo Nord nel 1928 del comandante Nobile, quello della tenda rossa. Alcuni dell’equipaggio si salvarono solo grazie alle miracolose comunicazioni con la radio di bordo rimasta muta per ben 18 giorni e poi improvvisamente tornata a funzionare per pochi minuti. Tempi di capitani coraggiosi quelli! e di veri impavidi pionieri; oggi abbiamo GPS ed auto elettriche, navigatori e telefoni cellulari; perdersi è certamente più difficile ma distrarsi e farsi male assai più facile, ….. “va piano amico mio!”
Stefano d’Amico
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