Succedeva nel 2010, quando l’Alfa Romeo, pur centenaria, era ancora l’ALFA
Alfa Romeo 1910-2010
24 giugno 2010, sono passati, anzi volati ben 14 anni, e non me ne sono accorto. Me ne accorgo ora però, mentre sfoglio vecchie carte e guardo belle foto di quell’importante anniversario avvertendo, ahimè, acciacchi vari prima inesistenti ma sopravvenuti puntualmente nel frattempo. All’Alfa Romeo (leggi Fiat/FCA) in verità importava pochino del Centenario Alfa Romeo gravati com’erano dai consueti problemi sindacali, non solo in Italia ma anche in USA (Chrysler), mercato quello che, comunque, aiutava a risanare diversi storici problemi finanziari della Casa milanese, e non solo. Ma, per espressa volontà di Sergio Marchionne, pressato anche da amici e appassionati del Marchio, fu deciso di restaurare finalmente il vecchio e trascurato Museo di Arese e l’area circostante. Fui inserito dallo stesso Marchionne nella Commissione Museo appositamente da lui costituita (Wester, Ramaciotti, Lombardi, Camerana Agnelli e il sottoscritto) e il risultato finale fu, ed è tuttora, davvero notevole e suggestivo. L’headline fu unica e imperativa: restituire immagine e mercato a un marchio leggendario, valorizzandone la storia ed esaltandone i passati splendori. Ma il Registro Italiano Alfa Romeo, di cui ero Presidente, volle fare qualcosa in più. Fare cioè un monumento di quella leggenda per onorarne la storia ed esaltarne la passione di cui era intessuta. Ci volle poco! Gli amici e gli uomini giusti al posto giusto c’erano tutti. Ma fu soprattutto l’entusiasmo di tanti appassionati nel mondo e la forza del marchio, che allora apriva ancora ogni porta, a sostenere una iniziativa tanto ambiziosa. Furono con noi sponsor di gran livello incluso il sostegno dell’amico Antonio Tajani, allora Vicepresidente della Commissione Europea, responsabile Industria e Imprenditoria.
Il Centro Stile Alfa Romeo, ancora ad Arese e da me subito coinvolto nel progetto, pur se preoccupato dall’imminente smantellamento ma ancora carico di quell’afflato centenario che animò per un secolo quelle maestranze milanesi, si mise subito all’opera per concepire quello che sarebbe stato il suo ultimo lavoro prima della totale dispersione di tante persone assai qualificate, di competenze comprovate, di una “casa” e persino di un certo antico stile. Elementi e sentimenti che ben comprese anche il Maestro Agostino Bonalumi, quello che con Fontana, Castellani e Manzoni concepirono il movimento delle estroflessioni, che ne integrò il concetto e ne proiettò l’immagine sinuosa nel futuro in perfetta e suggestiva simbiosi con il Centro Stile. All’inaugurazione del restaurato Museo ad Arese, al raduno Alfa del Centenario per le vie di Milano, all’inaugurazione del bronzeo monumento in Fiera Milano Rho c’era il mondo intero.
Stupisce quindi che ora, a distanza di soli 14 anni, un marchio tanto noto e amato stia via via perdendo quelle caratteristiche tipiche e quelle vive emozioni che lo hanno reso immediatamente riconoscibile per un intero secolo e finisca “cannibalizzato” del suo animus e persino del suo stile per essere assorbito e integrato, anche non troppo lentamente, negli stilemi anonimi di un altro marchio, anzi di un gruppo di marchi, con un design non più tipicamente italiano ma assai simile a quello che “veste” le auto orientali o comunque quelle prive non solo di un leggendario retaggio storico ma anche di ogni personalità.
2024. Il web poi è spietato e non risparmia nessuno. Certo che presentare un’Alfa dal frontale e dal mitico marchio in questo modo…
2024. Anche Lancia ha ormai perduto quella tradizionale eleganza di stile e di identità che l’ha sempre caratterizzata. Come l’Alfa Romeo sono divenute vetture anonime e senza classe.
2024. Opel Mokka e Astra. Vetture dai concetti stilistici del tutto simili alle nuove Alfa Romeo e Lancia.
Mi chiedo dove sia finito quel modo tradizionale e tipico di disegnare e realizzare le automobili italiane, Alfa Romeo in particolare, che nessuno mai si era sognato di modificare, soprattutto nel loro stile sempre riconoscibile. La Fiat con l’Alfa lo aveva in parte fatto nella meccanica ma rispettandone le apparenze realizzando, insomma, negli anni ’90-2000 delle Fiat vestite da Alfa Romeo, capaci di esprimere comunque quella innata Bellezza Necessaria che ne ha sempre accompagnato ogni modello senza mai allontanarlo dallo stile e dalle tradizioni che ne avevano improntato ed esaltato la storia. Per Alfa Romeo hanno lavorato carrozzieri prestigiosi, o meglio designers, realizzando vetture con un’anima brillante ed una forte personalità; vetture che hanno vinto sulle piste e sui mercati del mondo; vetture che ora, nelle più importanti aste internazionali di auto d’epoca, raggiungono cifre assai importanti, come vere e proprie opere d’arte oltre che di eccellente meccanica. Erano le vetture di Zagato, della Touring, di Castagna, di Pininfarina, di Bertone, di Giugiaro ma anche dello stesso Centro Stile Alfa Romeo, quello di Scarnati, Cressoni, de’ Silva, Egger. E lì si sono fermate; perché lì si è sempre lavorato secondo “una tradizione che continua(va)” ribadendo la volontà storica dell’Azienda di fare automobili non solo dalle meccaniche leggere e potenti ma anche dal gusto e dallo stile, tutti italiani, per l’eleganza sportiva ed il bello. Non a caso l’Alfa Romeo promuoveva un tempo l’arte e la cultura, costruiva i propri stabilimenti secondo i progetti di grandi architetti, premiava i suoi piloti con trofei che faceva realizzare in numero limitato dai più importanti artisti italiani, editava interessanti pubblicazioni ed i suoi due club ufficiali (Registro Italiano Alfa Romeo e Scuderia del Portello) non erano da meno, in ogni loro evento.
Dove è finita la Bellezza Necessaria, quella che ha sempre improntato ogni Alfa Romeo, animato grandi eventi e bellissime mostre, come appunto questa omonima organizzata ovviamente dall’Alfa Romeo che, inaugurata a Barcellona nel 1994 in occasione del lancio della 145, ha poi fatto il giro del mondo raccontando la bellezza e lo stile della Casa milanese esaltandone storia e immagine.
Lo stile del saper fare italiano sta ormai scomparendo un po’ ovunque. Quello che è sempre stato il “sapore” italiano, uno stile unico cioè e immediatamente riconoscibile e non solo nelle auto, ma anche nella moda, nell’eleganza sociale e culturale, nel fare impresa, … Tanti film o immagini in bianco e nero del secolo appena passato con gli uomini in giacca e cravatta, le signore eleganti e senza manomissioni chirurgiche, la Roma di via Veneto o la Milano da bere, … ma dove sono finiti? I gruppi stranieri, ormai padroni del campo, cannibalizzano i nostri marchi illustri, anche quelli che hanno fatto auto illustri, quelle dalle storie leggendarie e ricche di italica genialità, per assorbirne ogni appeal, peraltro senza molto successo, e farlo proprio restituendo al mercato prodotti non più facilmente riconoscibili ma assolutamente conformi a tutti gli altri. Di questo triste abbandono degli innumerevoli campi che hanno reso l’Italia illustre nella storia, nelle arti, nella cultura, ne fanno le spese, sembra oggi incredibile dopo duemila anni, persino la fede e le tradizioni cristiane.
La malinconia per l’ormai generale e diffuso appiattimento sarà solo di quelli, sempre meno per motivi di censo, che quegli anni brillanti e fecondi hanno vissuto e in essi hanno lavorato e prodotto. Le nuove generazioni, poco o nulla “informate” e vissute ma ovviamente molto tatuate, mi sembra si siano già adattate!
Stefano d’Amico
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