“UN” automobile è davvero più bello della Vittoria di Samotracia?
Alzate la testa!!…
…Noi vogliamo cantare l’amor del pericolo, l’abitudine all’energia e alla temerità. Il coraggio, l’audacia, la ribellione saranno elementi essenziali della nostra poesia….. Noi affermiamo che la magnificenza del mondo si è arricchita di una bellezza nuova: la bellezza della velocità. Un automobile da corsa col suo cofano adorno di grossi tubi simili a serpenti dall’alito esplosivo… un automobile ruggente, che sembra correre sulla mitraglia, è più bello della Vittoria di Samotracia…
Nel 1909 Filippo Tommasi Marinetti non aveva certo alcun dubbio di cosa fosse più bello, tanto che lo declamò ben chiaro nel suo Manifesto dei Futuristi, controfirmato nientemeno che da Umberto Boccioni (che della Nike ne fece una a modo suo con forme uniche e spaziali), Giacomo Balla, Gino Severini, Carlo Carrà, Luigi Russolo. La tradizione ottocentesca artistica e culturale non si era ancora accorta infatti dell’arrivo del nuovo secolo che avrebbe portato non solo la luce elettrica che illuminò Parigi nel 1900, trasformandola in una moderna ville lumière, ma anche un nuovo sistema industriale e sociale che avrebbe cancellato totalmente gli ormai archeologici canoni del secolo passato. L’impressionismo del secolo appena concluso rappresentava e decantava il mondo della natura, un mondo in cui immergersi con pacatezza, nella quiete di una campagna animata da armenti al pascolo e cavalli quieti con fiori e arbusti verdeggianti tutt’intorno. Per i futuristi tutto ciò costituiva un oltraggio alla libertà dell’arte, della cultura e del viver moderno nel giovane secolo appena arrivato con le sue scoperte e le sue mode rivoluzionarie.
Alla velocità, o addirittura all’automobile, maschile o femminile che fosse, nessuno proprio ci pensava. I primi ad accorgersi di questo nuovo congegno e a dipingerlo nel suo incedere rumoroso e fumoso, pur immerso nella poetica natura circostante, furono tra pochi altri Giuseppe Pellizza da Volpedo (quello del Quarto Stato o della Fiumana, pensate che differenza!) e Umberto Boccioni nel 1904.
Il grande impatto e la forza rivoluzionaria che ebbero tutti gli eventi culturali e artistici precedenti la prima Guerra Mondiale sovvertirono completamente quegli schemi, ormai superati, che si erano via via lentamente costruiti nei secoli passati. L’Esposizione Universale di Parigi nel 1900 decretò la fine del “vecchio” mondo cancellandone in un attimo tutti gli aspetti che lo avevano caratterizzato. E’ davvero sbalorditivo notare con quanta aggressività e coraggio veniva proposto il “nuovo”; dalla moda all’arte, dal sociale al comunicativo, dai trasporti all’edilizia. Si era all’improvviso conclusa un’epoca e subito ne stava sorgendo un’altra, totalmente diversa, quella industriale con a fianco un nuovo rinascimento che portava qualcosa di mai visto prima, qualcosa di vivo così profondo in essa, che avrebbe cambiato radicalmente ogni sistema di vita, di lavoro e di creatività.
Abbiamo così osservato e anche capito cosa intendevano i futuristi, perché anteponevano la bellezza e l’energia di un’auto veloce e rombante davanti alla vetustà rigida e immutabile di una scultura, perché inneggiavano alla guerra come cambiamento e “cestinamento” del vecchio, senza immaginare assolutamente quello che poi essa avrebbe invece portato, cioè milioni di morti; e infatti il movimento, sin dalla fine di essa nel 1918, si andò quasi del tutto estinguendo fino a scomparire. Essi lo avevano creato, lo sentivano e lo vedevano non certo come azione di morte ma di vita, di una nuova vita intesa come aspirazione alla libertà di osare, di volare nei cieli, di attraversare rombando veloci le vie del mondo suonando la sveglia a tutto ciò che era rimasto assopito nel conformismo e nel formalismo del secolo appena passato.
Ispirati dalla improvvisa e inaspettata rivoluzione tecnologica dell’epoca, i futuristi consideravano l’automobile come un mezzo, gestibile da chiunque, per mutare l’ambiente e la sua percezione, semplicemente … correndo nello spazio che li circondava. Tutte le sensazioni di velocità e dinamismo prodotte infatti dalle nuove tecnologie costituivano ormai l’essenza stessa della mutata realtà nella quale l’uomo si doveva confrontare. Considerando per di più che queste emozioni costituivano per loro anche un forte ed energico stimolo sessuale. L’automobile insomma, per farla breve, poteva anche divenire alcova d’amore di sicura “presa” sui soggetti femminili per esaltanti orgasmi cosmici capaci di far intravedere all’uomo, artista e pilota ma anche moderno e frettoloso amante, un futuro piacevole e libero da ogni antico orpello formale. Bello! e la donna che faceva? La donna, poco considerata, pur con i capelli a caschetto, sarebbe dovuta restare grata e soddisfatta per aver avuto la possibilità di condividere (forse) tanta audacia e piacere cosmico!
Noi, invece, uomini di oggi, di quello cioè che sarebbe dovuto essere il loro futuro, dobbiamo ora tornare con i piedi per terra e porre a noi stessi il noto quesito per risolvere la futuristica questione: cosa è più bello? La Vittoria di Samotracia o un’ auto veloce che spara fuoco e fiamme e il cui volante attraversa la terra?
Francamente non ci penserei neppure un istante. Bello il Louvre, anzi di più, bellissimo; suggestive la paziente Gioconda, pure un po’ racchia, come la marmorea Nike, peraltro senza testa e monca delle braccia. Belle davvero, ricordano storie antiche e tempi eroici, animati da divinità guerriere e intemperanti o da filastrocche del dolce stil novo ma anche da carrettini e da somari condotti da uomini lenti e rassegnati, come in attesa paziente del trapasso piuttosto che di un incerto futuro.
La Nike del Louvre, lo riconosco, fu invece fonte di ispirazione nel ‘900 di una argentea statuina, ovviamente chiamata Spirit of Ecstasy, che, audace e fiera, fu posta a sfidare il vento sul cofano delle prime Rolls Royce! … quindi qualcuno la osservò forse meglio ma io vi invito comunque a sedervi su uno sgabello al Louvre ad ammirare la illustre antica statua, o ciò che ne rimane, e passare poi a sedervi sul sedile di una Ferrari GTO o di una vecchia Alfa da corsa, provare ad accenderne i potenti meccanismi, annusarne gli effluvi e provare infine l’ebbrezza del viver veloci, il brivido di osare nelle curve, scoprire cosa c’è dietro di esse, ma scoprire anche se siete uomini colti o uomini scemi!!
Post Scriptum
Abbiamo accennato ad alcuni aspetti che quel breve ed esuberante movimento artistico e culturale, che un secolo fa fu il Futurismo, espose e rappresentò nel settore motoristico come mezzo per raggiungere le massime velocità di pensiero e del viver quotidiano. Ebbene, se allora ci fu un Futurismo, oggi potrebbe anche esserci un Passatismo. Che c’è di strano? un nuovo movimento o meglio un modo piuttosto anomalo di pensare l’arte e la cultura un po’ a ritroso. Perché dimenticare o addirittura “cestinare” i grandi artisti del passato? Quelli che rappresentavano la realtà come appunto ci appare o come magari vorremmo che fosse senza sconvolgerne completamente ogni aspetto con formule geometriche, linee e curve spesso astruse e incomprensibili per gli uomini comuni a meno che non siano ingegneri o addetti alle gallerie del vento. Per ricordare e far rivivere un certo passato si può anche abbinare e rappresentare l’antico con il moderno riprendendo le antiche opere ed inserendo in esse elementi più o meno attuali “rinfrescando” così quelle spesso dimenticate ma ancora suggestive rappresentazioni di un tempo che fu. Il Passato … con delle automobili. In questo modo si rende anche un memore omaggio e un complimento culturale ai tanti artisti che quel passato lo vollero dipingere secondo i loro gusti e i rigidi canoni del loro tempo. Oggi c’è chi l’ha fatto mettendo in automobile quegli illustri Maestri o meglio mettendo l’automobile nelle loro “vedute” e il risultato fa pensare…
Stefano d’Amico
Le immagini utilizzate nel presente articolo sono a scopo illustrativo e appartengono ai rispettivi proprietari.